LE ORIGINI
È dalla tradizione degli antichi Romani che risale la pratica della cottura del mosto d’uva, il cosiddetto "Sapum" ed era utilizzato sia come medicinale in cucina, sia come dolcificante o condimento.
LEGAME CON MODENA
A partire dall’XI secolo la produzione di questo aceto particolarissimo si lega nella città di Modena, diventerà nel tempo sinonimo di cultura e storia in un territorio unico per caratteristiche pedoclimatiche dai saperi e talenti umani.
REGALO IMPERIALE
Nel 1046 d.c., Enrico III, imperatore del Sacro Romano Impero, in occasione del suo passaggio nel territorio della Pianura Padana, venne omaggiato con un "aceto perfettissimo” da Bonifacio, marchese di Toscana e padre di Matilde di Canossa, un episodio documentato dall’abate e storico Donizone, biografo della contessa.
FINALMENTE BALSAMICO
Sul finire del XIII secolo, l’arte della produzione dell’aceto venne coltivata presso la corte Estense a Modena. ma è soltanto nel 1747 d.c., nei registri di cantina dei Duchi d’Este, che per la prima volta appare l’aggettivo "Balsamico" , si parla di mezzo "Balsamico" e di "Balsamico Fine" , che corrispondono agli attuali "Aceto Balsamico di Modena" e "Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP", un'affermazione internazionale e di grandi dinastie.
Pochi decenni dopo , nel 1800 , l’Aceto Balsamico di Modena comincia ad essere apprezzato e conosciuto anche a livello internazionale, ed è infatti protagonista nelle più importanti manifestazioni espositive dell’epoca, da Firenze a Bruxelles.
Sempre nel XIX secolo si affermano le prime dinastie dei produttori, alcuni dei quali, ancora oggi, figurano tra gli associati del Consorzio di Tutela, ed è in questa fase che vengono codificati i processi produttivi.
METODO PRODUTTIVO
- Vendemmia e Pigiatura
- Cottura del mosto
- Fermentazione e acetificazione
- Maturazione ed invecchiamento
L’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena ha ottenuto la protezione DOC (Denominazione di Origine Controllata) nel 1986 (L.93 del 03/04/86). È stato riconosciuto DOP (Denominazione di Origine Protetta) dalla Comunità Europea il 17/04/2000. È frutto delle particolari caratteristiche pedoclimatiche e della varietà delle uve tipicamente coltivate nel Modenese, unitamente all’arte della cottura dei mosti e delle amorevoli procedure dei travasi annuali fra le botticelle delle acetaie. È ottenuto da un’unica materia prima, il mosto cotto di uva. Il ciclo di produzione, unico nel suo genere e particolarissimo, non ha eguali nello scenario dei prodotti agroalimentari, e la qualità finale è intimamente legata a esperienza, saper fare e pazienza del produttore.
Il processo, estremamente artigianale, si sviluppa in quattro fasi principali: vendemmia e pigiatura, cottura del mosto, fermentazione e acetificazione, maturazione ed invecchiamento.
Il processo, estremamente artigianale, si sviluppa in quattro fasi principali: vendemmia e pigiatura, cottura del mosto, fermentazione e acetificazione, maturazione ed invecchiamento.
VENDEMMIA E PIGIATURA
Le uve che possono essere utilizzate sono Lambrusco , Trebbiano , Ancellotta, Sauvignon, Sgavetta, Berzemino, Occhio di Gatta, e altresì le uve dei vigneti iscritti alle DOC ma, tutte e in ogni caso, prodotte e vendemmiate in provincia di Modena.
L’uva viene di solito raccolta a mano per poter meglio scegliere i grappoli ma anche perché i tempi di raccolta permettono, volta per volta, l’immediata cottura del mosto fresco prima che abbia inizio una spontanea fermentazione.
La scelta del grado di maturazione nella raccolta o delle eventuali percentuali di uvaggi nel mosto sono a discrezione del produttore. La pigiatura soffice permette di ottenere un mosto “fiore”, dolce e profumato e con basso contenuto di tannini.
COTTURA DEL MOSTO
La cottura del mosto avviene in caldaie a cielo aperto (quindi a pressione ambiente) e a fuoco diretto, a temperature che possono variare fra i 95 e i 70 gradi, man mano che aumenta per evaporazione la concentrazione zuccherina del mosto.
I tempi di questa lenta cottura possono talvolta superare le dodici ore e sono a discrezione del produttore in funzione della vendemmia e delle esigenze delle singole batterie.
FERMENTAZIONE E ACETIFICAZIONE
Il mosto cotto viene lasciato raffreddare e decantare e successivamente avviato a fermentazione a opera dei lieviti e fermenti naturalmente selezionati nella singola acetaia.
Il mosto cotto fermentato viene quindi utilizzato per alimentare le "botti madre", dove l'alcool prodotto dalla fermentazione viene trasformato lentamente dagli Acetobacter in acido acetico, portando alla produzione di aceto base, che per progressiva e paziente concentrazione in batteria origina l'inimitabile complessità organolettica dell'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena.
MATURAZIONE ED INVECCHIAMENTO
Queste ultime e caratterizzanti fasi avvengono nella vera e propria unità produttiva che è la “batteria”.
Si tratta di un insieme di botti a volumi normalmente decrescenti, spesso di legni diversi, attraverso le quali l’aceto procede negli anni grazie alla pratica annuale dei “travasi”. Questa operazione è fatta a cadenza annuale e solitamente nella stagione fredda, allo scopo di compensare gli ammanchi dovuti alla naturale evaporazione e ai prelievi.
Di solito, nel periodo invernale, si riporta a livello la botticella più piccola con la quantità necessaria di aceto prelevata dalla seconda botticella, quindi si riporta a volume la seconda con aceto prelevato dalla terza e si procede così fino all’ultima botte della batteria che a sua volta si “rincalza” con l’aceto base prelevato dalle botti madre.
Il processo procede così annualmente, sapientemente governato dal singolo produttore, che esegue e segue con cura tutte le operazioni che sostengono la batteria nella sua lenta maturazione, e solo dopo almeno 12 lunghi anni è possibile prelevare dall’ultima botticella, la più piccola, una aliquota annuale di prodotto finito.
Continuando con questa procedure, di anno in anno la qualità e la complessità organolettica dell’aceto tende a migliorare fino a potersi fregiare della denominazione “Extravecchio” dopo almeno 25 anni di continue e sapienti cure da parte del produttore.
Si tratta quindi di un processo “in continuo” con un sincrono equilibrio fra le quantità di prelievo e quelle di travaso e rincalzo in modo che la complessità delle trasformazioni chimico fisiche che si realizzano lentamente in quel laboratorio unico ed inimitabile rappresentato dalla batteria, portino nel tempo il prodotto a raggiungere la corretta scorrevole sciropposità, l'armonico equilibrio della componente dolce ed acida e il ricco bouquet di profumi e sapori che identifica l'Aceto Balsamico Tradizionale di Modena.
È da specificare quindi che le batterie, se gestite correttamente, possono aspirare a raggiungere livelli qualitativi sempre più elevati seguendo quantità di prelievo annuale opportunamente limitate a discrezione del produttore.